Geograficamente l’Altopiano dei Sette Comuni si presenta come una balza prealpina di 466 kmq di superficie all’immediato ridosso della pianura veneta, delimitato ad est dalla Valsugana e ad ovest dalla Val d’Astico, che a nord confina con la provincia di Trento ed a sud con la pianura vicentina.
La storia della vita su questa terra sbiadiscono nella preistoria. Le incisioni rupestri della Valdassa, i reperti del Bisele e l’Altar Knotto sembrano essere testimonianza (seppur di ancora incerta e controversa collocazione storica) di quando, svariati millenni indietro nell’epoca pre-cristiana, certi tratti di questa terra selvaggia ed inospitale costituivano aree sacre, santuari preistorici dedicati alle divinità della terra, dell’aria, della fertilità e dell’amore, oppure terreni di caccia e vie di transito.
I cimbri
Della matrice etnica dell’attuale popolazione altopianese ancora nulla di certo è dato sapere; al proposito contrastano contrapposte tesi di origini filo-germaniche o comunque nordiche (dovute alle invasioni barbariche in epoca romana) e di matrici latine Per moltissime generazioni e fino al secolo scorso, sta di fatto comunque che la popolazione altopianese parlava un dialetto (o forse meglio è definirlo lingua) denominato “Cimbro”, di chiara origine nord-europea (e particolarmente germanico-bavarese) che però forse nulla a che vedere aveva con le popolazioni barbare dei Cimbri. Di questa antica parlata rimane una vasta traccia soprattutto nei toponimi ma anche nei soprannomi, in alcune terminologie ed in certi detti.
La storia
Tornando alla storia, al X° secolo dopo Cristo datano i primi documenti che attestano l’esistenza di centri abitati laddove oggi esistono comuni altopianesi come Enego, Rotzo, Asiago, Gallio, Roana: per esempio quello relativo alla donazione fatta da Berengario al Vescovo di Padova Sibicone nel 917.
La Reggenza
Nei primi secoli dopo il Mille, subite varie dominazioni di famiglie e casati della pianura, le popolazioni dell’Altopiano si ribellarono ed i Sette Comuni stipularono fra di loro un patto di amicizia e di alleanza destinato poi a durare per cinque secoli; l’accordo, del 1310, venne chiamato “Reggenza dei Sette Comuni” o “Lega delle Sette Terre”, con sede ad Asiago e con il motto in lingua cimbra: “Sleghe un Lusàan – Genebe un Wüsche – Ghel Rotz Robàan – Dise saint Siben Alte Komeun Prüdere Libe” (Asiago e Lusiana, Enego e Foza, Gallio Rotzo e Roana – questi sono i Sette Antichi Comuni Fratelli cari).
Dall’anno successivo al 1387 la Federazione fu sotto la protezione degli Scaligeri di Verona, successivamente fino al 1404 dei Visconti di Milano. Dopo quell’anno, e precisamente il 20 febbraio 1404, il piccolo “stato” fece spontaneo atto di dedizione alla Serenissima Repubblica di Venezia (Doge era allora Michele Steno), con un patto che durò fino alla caduta di Venezia (trattato di Campoformio del 1797).
Nel XVII° secolo la Reggenza mise a disposizione dell’alleato veneziano molti uomini per la guerra contro i Turchi (1644 – 1669); proprio per questo Venezia donò alla Federazione il vessillo in seta bianca in cui campeggiano un leone alato e, fra gli altri, lo stemma della Reggenza (il vessillo è conservato ancor oggi in una teca nella Sala dei Quadri del Municipio di Asiago).
La più piccola federazione politica europea e insieme la più antica dopo quella elvetica, la Reggenza dei 7 Comuni, cessò di esistere col 29 giugno 1897, sciolta per volere di Napoleone I° Imperatore di Francia e re d’Italia. Dopo otto anni di dominio francese, in seguito alla caduta di Napoleone nel 1815, l’Altopiano passò sotto il dominio dell’Austria: un periodo difficile per la popolazione che dovette subire pesanti limitazioni di libertà e notevoli sacrifici economici, e anche foriero di qualche beneficio, come la realizzazione dell’arteria del Costo, destinata ad avere un’importanza vitale nel futuro.
L’ammissione
Nel 1866 l’Altopiano, con l’intero Veneto, venne riannesso all’Italia.
Passò quasi mezzo secolo di vita relativamente tranquilla in cui le normali attività economiche altopianesi (agricoltura, industria casearia, allevamento) si videro affiancare da crescenti sviluppi dell’artigianato (soprattutto legato al legno, alla paglia e alla lana), dei servizi, dei trasporti e anche dai primi vagiti di quello che sarebbe divenuto il propulsore dell’economia altopianese del Novecento e dei nostri giorni: il turismo.
La 1^ Guerra Mondiale
Purtroppo giunse anche il 24 maggio 1915: l’Italia entrava in guerra contro l’Impero Austroungarico, con una decisione che sarebbe costata assai cara in particolare all’Altopiano, da sempre terra di confine e roccaforte strategica così importante da veder qui consumati molti degli episodi più sanguinosi ed indelebili dell’intero conflitto.
Il 16 settembre 1915 Asiago subì la prima incursione aerea nemica.
Nel maggio del 1916 gli austroungarici scatenarono la “strafexpedition”, il 15 del mese cadde su Asiago il primo proiettile nemico e la cittadina venne occupata, dopo essere stata occupata e distrutta, il successivo 28.
La popolazione dell’Altopiano si era già dovuta allontanare dalla propria patria, disperdendosi nella pianura veneta e nel nord Italia, dando origine a quell’esodo rimasto tristemente famoso nella storia altopianese come “il profugato”.
Intanto infuriavano i combattimenti: passò un altr’anno e si giunse al giugno 1917, scandito dalle terribili battaglie dell’Ortigara che, fra il 10 ed il 29 del mese, videro l’eroico ed inutile sacrificio di migliaia di soldati, soprattutto Penne Nere.
L’Altopiano doveva però pagare ancora un prezzo pesante: un ulteriore anno e più di battaglie, di bombardamenti, di offensive e controffensive, di tante vite umane perdute. Finchè finalmente, il 4 novembre 1918, sull’Altopiano come in tutta Italia tornava a sventolare il tricolore.
Il dopoguerra
L’evento bellico aveva lasciato un’indelebile cicatrice mutilando pesantemente la natura azzerando abetaie vecchie di secoli, aveva devastato le povere cose indispensabili per la vita del montanaro, distruggendo raccolti, radendo al suolo case ed interi agglomerati urbani. La popolazione si disgregò qua e là per l’Italia e così si frantumarono anche le identità culturali antiche, si disperse il patrimonio di tradizioni e di cultura, lingua, civiltà, storia.
Cominciò così un nuovo, “eroico” capitolo della storia di queste genti che con la tipica ostinata caparbietà del montanaro chinarono la schiena e si rimboccarono le maniche, iniziando una lenta ricostruzione. I decenni del dopoguerra videro il lento ma progressivo rivitalizzarsi delle comunità altopianesi. Con Regio Decreto del 23 ottobre 1924 Vittorio Emanuele III° concedeva al comune di Asiago il titolo di Città.
Il 24 settembre 1924 venne inaugurato il rieretto Ponte di Roana, nel 1926 il Duomo di Asiago, il 21 settembre 1929 il Palazzo Municipale di Asiago, il 15 gennaio 1938 la slittovia del Kaberlaba, il 17 luglio 1938 il grandioso “Ossario” del Leiten, nel 1942 (300° anniversario della morte di Galileo) venne inaugurato l’Osservatorio Astrofisico di Asiago.
La 2^ Guerra Mondiale
Ad interrompere la crescita socio-economica arrivò la seconda esperienza bellica del secolo che, pur toccando meno direttamente la terra altopianese come teatro di lotta, portò ancora una volta nuove prove da superare. L’occupazione tedesca votò molti alla Resistenza; l’Altopiano pagò così il suo nuovo pesante prezzo. L’8 agosto 1944 Camporovere fu incendiata per rappresaglia, il 6 e 7 settembre dello stesso anno i nazi-fascisti catturarono e massacrarono a Granezza centinaia di partigiani.
Il secondo dopoguerra
Ancora un dopoguerra difficile, con duri anni di scarsa occupazione e limitate prospettive economiche, si apriva al futuro; la guerra aveva lasciato un segno nella povera economia locale provocando una nuova e massiccia ondata di emigrazione ed il rifiorire dei mestieri più miseri e duri.
Nasce il turismo
Ma pur con fatica la via di una nuova ripresa si aprì; il turismo verso il paradiso naturale dell’Altopiano cominciò a fiorire negli anni Sessanta originando un altro “momento storico”: il boom edilizio. Il proliferare spesso selvaggio e quasi incontrollato di abitazioni per turisti in cerca di investimenti e di riferimento per le proprie pause di relax ebbe comunque riflessi occupazionali da un lato e quindi lavoro un po’ per tutti; dall’altro provocò danni sul fronte ecologico e naturalistico, fattore tenuto in scarsa considerazione in quegli anni e le cui conseguenze mostrano oggi in varie località i segni di irrecuperabili deturpazioni.
(tratto da “Asiago l’Altopiano dei 7 Comuni” di Cesare Pivotto, Tassotti Editore, 1992)